AVVENTO 2009

BENEDETTO XVI

Le  Domeniche  di  Avvento,  Piazza San Pietro

dicembre 2009

“Un giorno senza sorriso è un giorno perso”…e allora Buon Natale e

Buon Anno,  con tanti sorrisi !!!

Dal  “Fattorello”  gli auguri più cari a tutti i Fattorelliani.

Prof.  Giuseppe  Ragnetti

Cari fratelli e sorelle!

Con la IV Domenica di Avvento, il Natale del Signore è ormai dinanzi a noi. La liturgia, con le parole del profeta Michea, invita a guardare a Betlemme, la piccola città della Giudea testimone del grande evento: “E tu, Betlemme di Efrata, / così piccola per essere fra i villaggi di Giuda, / da te uscirà per me / colui che deve essere il dominatore in Israele; / le sue origini sono dall’antichità, / dai giorni più remoti” (Mi 5,1). Mille anni prima di Cristo, Betlemme aveva dato i natali al grande re Davide, che le Scritture concordano nel presentare come antenato del Messia. Il Vangelo di Luca narra che Gesù nacque a Betlemme perché Giuseppe, lo sposo di Maria, essendo della “casa di Davide”, dovette recarsi in quella cittadina per il censimento, e proprio in quei giorni Maria diede alla luce Gesù (cfr Lc 2,1-7). In effetti, la stessa profezia di Michea prosegue accennando proprio ad una misteriosa nascita: “Dio li metterà in potere altrui – dice – / fino a quando partorirà colei che deve partorire; / e il resto dei tuoi fratelli ritornerà ai figli d’Israele” (Mi 5,2). C’è dunque un disegno divino che comprende e spiega i tempi e i luoghi della venuta del Figlio di Dio nel mondo. E’ un disegno di pace, come annuncia ancora il profeta parlando del Messia: “Egli si leverà e pascerà con la forza del Signore, / con la maestà del nome del Signore, suo Dio. / Abiteranno sicuri, perché egli allora sarà grande / fino agli estremi confini della terra. / Egli stesso sarà la pace!” (Mi 5,3).

Proprio quest’ultimo aspetto della profezia, quello della pace messianica, ci porta naturalmente a sottolineare che Betlemme è anche una città-simbolo della pace, in Terra Santa e nel mondo intero. Purtroppo, ai nostri giorni, essa non rappresenta una pace raggiunta e stabile, ma una pace faticosamente ricercata e attesa. Dio, però, non si rassegna mai a questo stato di cose, perciò anche quest’anno, a Betlemme e nel mondo intero, si rinnoverà nella Chiesa il mistero del Natale, profezia di pace per ogni uomo, che impegna i cristiani a calarsi nelle chiusure, nei drammi, spesso sconosciuti e nascosti, e nei conflitti del contesto in cui si vive, con i sentimenti di Gesù, per diventare ovunque strumenti e messaggeri di pace, per portare amore dove c’è odio, perdono dove c’è offesa, gioia dove c’è tristezza e verità dove c’è errore, secondo le belle espressioni di una nota preghiera francescana.

Oggi, come ai tempi di Gesù, il Natale non è una favola per bambini, ma la risposta di Dio al dramma dell’umanità in cerca della vera pace. “Egli stesso sarà la pace!” – dice il profeta riferendosi al Messia. A noi spetta aprire, spalancare le porte per accoglierlo. Impariamo da Maria e Giuseppe: mettiamoci con fede al servizio del disegno di Dio. Anche se non lo comprendiamo pienamente, affidiamoci alla sua sapienza e bontà. Cerchiamo prima di tutto il Regno di Dio, e la Provvidenza ci aiuterà.

Buon Natale a tutti!

3 thoughts on “AVVENTO 2009

  1. Buone Feste e un fantastico 2010.

    “Un giorno senza sorriso è un giorno perso…”, allora provate a sorridere con ottimismo di più e che la Luce vera venga nei nostri cuori, e ci insegni ad essere migliori.

    Un sincero Natale che parte dal cuore.

    Salvatore Capasso

  2. Riflettevo in questi giorni su un passo del “Poverello di Assisi”, che di povero ha poco, avendo capito il vero senso della vita…

    Meditavo continuamente le parole del Signore Gesù e non perdevo mai di vista le sue opere.
    Soprattutto l’umiltà di lui che si era fatto uomo e l’infinita carità della Passione mi erano impresse nella mente e nel cuore.
    Volevo vedere dal vivo la scena della natività. Scelsi Greccio una località di montagna presso la città di Rieti. Lì conoscevo un uomo, di nome Giovanni, che mi era molto caro perché, pur essendo nobile ed onorato, stimava la nobiltà dell’animo assai più di quella che, senza merito, viene comunemente apprezzata dal mondo.
    Circa due settimane prima della festa della Natività dell’anno 1223, gli dissi: “Vuoi che celebriamo qui a Greccio il Natale di Gesù? Ebbene, precedimi e prepara quanto ti dico, perché vorrei rappresentare il Bambino nato a Betlemme, in modo che si possa vedere con i nostri occhi i disagi in cui si venne a trovare per la mancanza delle cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia e come giaceva nel fieno tra un bue e un asinello…
    Giovanni fu entusiasta dell’idea: non avevo ancora terminato di illustrargliela, che lui fedele e pio già si muoveva per preparare nel luogo stabilito tutto l’occorrente.
    Giunse così il giorno della festa.
    Per l’occasione furono fatti venire molti frati da fuori. Uomini e donne arrivarono festanti dai casolari sparsi nella zona circostante; portarono ceri e fiaccole per illuminare la notte, che ricordava quella in cui la luce splendente della stella si accese nel cielo per illuminare tutti i giorni e tutti i tempi.
    Alla fine arrivai anch’io. Tutto era in ordine, il bue, l’asinello, la greppia. Mancava solo il fieno. Vi venne posto.
    Nella scena commovente risplendeva la semplicità evangelica. Greccio era divenuta una nuova Betlemme.
    Tutt’intorno risuonarono le voci: fra le rupi rimbalzano gli echi dei cori festosi. I frati cantarono lodi al Signore e tutta la notte, chiara come fosse giorno, sussultò di gioia.
    Ero estatico di fronte al presepio. Poi il sacerdote celebrò solennemente la Messa ed anche lui provò una consolazione che non aveva mai assaporato prima. Io cantai con voce sonora il Vangelo; poi parlai al popolo e rievocai il neonato re povero e la piccola città di Betlemme.
    Era nata davanti a quel presepe una comunità. Tutti eravamo in silenzio e in preghiera davanti alla Luce che veniva. Tutti adoravamo il Signore Gesù che nasceva. Eravamo uniti da quella profonda intimità con Lui e tra noi. Se fosse stato possibile, non ci saremmo allontanati più da quella grotta.

    Poi la veglia solenne terminò, e ognuno tornò a casa pieno di una gioia semplice e profonda mai conosciuta prima. Il fieno che era stato collocato nella mangiatoia fu conservato, perché per mezzo di esso il Signore guarisse giumenti e altri animali.
    Avvenne davvero che giumenti e altri animali di quella regione, colpiti da malattie, mangiando quel fieno furono da esse liberati.
    Francesco d’Assisi, umile servo del Signore

    Nel 1228, quel luogo fu consacrato al Signore e sopra il presepio fu costruito un altare e dedicata una chiesa ad onore di san Francesco, affinché, là dove un tempo gli animali mangiarono il fieno, ora gli uomini possano mangiare, come nutrimento dell’anima, il corpo di Gesù Cristo nostro Signore, che con amore infinito ha donato se stesso per noi.

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